Olii vegetali esausti: rifiuti urbani o rifiuti non pericolosi?
Cons. St., sez. IV, 14 dicembre 2021, n. 8330
Ha stabilito il Consiglio di Stato che l'olio vegetale esausto, nel momento in cui viene raccolto presso le famiglie nell’ambito della “piccola differenziata” costituisce un rifiuto urbano. L’olio in questione, successivamente immagazzinato nei punti di raccolta comunali, è qualificabile come un rifiuto speciale non pericoloso ai sensi dell’art. 184, comma 3, lettera f), in quanto prodotto “nell’ambito delle attività di servizio”, quale è all’evidenza quella di raccolta in esame.
Ha chiarito la Sezione che la fissazione dei requisiti per partecipare alla gara rientra nella discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, la quale ben può prevedere, nell’esercizio di essa e in relazione alla specifica attività oggetto dell’appalto, requisiti diversi da quelli che conseguirebbero ad una meccanica applicazione di quelli ricavabili dalle categorie di iscrizione all’albo, con il solo limite della necessità di individuare requisiti adeguati rispetto agli scopi perseguiti, e quindi non manifestamente arbitrari, sproporzionati o lesivi della concorrenza fra aziende.
LA GARA
Una società pubblica che gestisce il servizio rifiuti comunale ha indetto una procedura d’asta ad evidenza pubblica per la cessione dei rifiuti classificati con CER 20.01.25, ovvero degli oli vegetali esausti provenienti dalla raccolta differenziata delle utenze domestiche (in altri termini dell’olio residuato della frittura degli alimenti).
L’oggetto della procedura è il servizio di ritiro dell’olio usato “proveniente dalla raccolta differenziata tramite conferimenti da parte delle utenze domestiche” sia presso i centri di raccolta di cui l’appaltante dispone, sia presso altri “punti di conferimento”, alcuni già esistenti presso le scuole ed altri “da individuare, intercettare e servire tramite la fornitura e posa in opera di contenitori a carico del vincitore”, il tutto “per un periodo di 24 mesi”.
Il capitolato ha precisato che l’assegnatario è “tenuto a prelevare il rifiuto” presso i punti di raccolta e a trasportarlo e valorizzarlo – dato che esso ha un certo valore economico, potendo essere utilizzato, ad esempio, come combustibile - presso un impianto di recupero autorizzato nelle forme di legge
Per partecipare, il disciplinare di gara ha previsto a pena di esclusione il “possesso dell’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, di cui all’art. 212 del d. lgs. n. 152/2006, per le attività di trasporto di cui al D.M. n. 406/1998 oggetto della presente procedura e, segnatamente, per le seguenti categorie e classi di rifiuti: Categoria 1, classe D e/o Categoria 4 classe F”.
IL RICORSO ED I MOTIVI
Alla procedura hanno partecipato l’appellante, in RTI costituendo con altre imprese, e le controinteressate appellate, in RTI costituendo fra di loro.
La ricorrente, indicata come preposta alle attività di trasporto, è iscritta all’Albo gestori alla categoria 1 e per la piccola differenziata alla classe A (doc. 11 dell’appellante, certificato). La controinteressata appellata, pure indicata come preposta alle attività di trasporto, è invece iscritta all’Albo alla categoria 1, classe C, e alla categoria 4, classe E.
Il RTI costituendo fra le controinteressate è risultato aggiudicatario.
La ricorrente appellante ha domandato l’annullamento degli atti relativi alla procedura d’asta ad evidenza pubblica per cessione dei rifiuti classificati con CER 20.01.25 – oli vegetali esausti – provenienti dalla raccolta differenziata delle utenze domestiche
L’impresa non aggiudicataria ha presentato ricorso in primo grado, contenente un unico complesso motivo di violazione degli artt. 184 e 212 del d.lgs. n. 152/2006, nel quale sostiene in sintesi che il RTI aggiudicatario andava escluso perché illegittimo consentire la partecipazione alle imprese iscritte all’Albo dei gestori per i soli rifiuti non pericolosi e non per i rifiuti urbani.
Ciò in quanto i rifiuti oggetto del servizio, ovvero gli oli vegetali esausti provenienti dalla raccolta differenziata delle utenze domestiche, si potrebbero classificare unicamente come rifiuti urbani, e non come rifiuti speciali non pericolosi genericamente intesi, sulla base dell’art. 184 d. lgs. n. 152/2006 citato.
Inoltre, ha sostenuto anzitutto che il percorso logico svolto dall’appaltante per determinare la popolazione equivalente al quantitativo di oli da raccogliere sarebbe illegittimo, perché sarebbe un modo surrettizio di applicare alla categoria 1 il criterio di divisione delle classi quantitativo, previsto per le altre categorie.
Il TAR ha respinto il ricorso.
Contro questa sentenza, la ricorrente ha proposto impugnazione, ribadendo che l’iscrizione nella sola categoria 4 è insufficiente, perché oggetto del contratto è un rifiuto urbano. Sostiene poi che la previsione della semplice classe E nell’ambito della categoria 1 è illegittima perché in sintesi “per “popolazione servita” si intende il numero degli abitanti che possono conferire i rifiuti al servizio pubblico di raccolta svolto su un determinato territorio”, e nel caso di specie l’olio vegetale esausto oggetto del contratto “viene conferito (nei centri di raccolta, nei plessi scolastici e nei contenitori di futura installazione) dall’intera popolazione residente”.
LE CLASSI DI ISCRIZIONE ALL’ALBO
L’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali è prevista dall’art. 212 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per tutti gli enti e le imprese attivi nel settore, in quanto, ai sensi del comma 5 dello stesso articolo, “L’iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi”.
L’iscrizione all’Albo, ai sensi del regolamento attuativo D.M. 3 giugno 2014, n. 120, avviene anzitutto per categorie, che corrispondono ai diversi tipi di attività nell’ambito del settore; per quanto qui interessa, in particolare la categoria 1 corrisponde alla “raccolta e trasporto di rifiuti urbani”, mentre la categoria 4 corrisponde alla “raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi”.
Nell’ambito di ciascuna categoria, l’iscrizione avviene poi per classi, che corrispondono, in ordine decrescente, alla maggiore o minore importanza economica dell’azienda, ovvero al volume di operazioni maggiore o minore che essa è abilitata a svolgere. Nell’ambito della categoria 1, le classi si distinguono per “popolazione servita”; per quanto qui interessa poi la classe A corrisponde ad una popolazione servita superiore o uguale a 500 mila abitanti; la classe C ad una popolazione servita inferiore a 100 mila abitanti e superiore o uguale a 50 mila abitanti; la classe D di cui al disciplinare ad una popolazione servita inferiore a 50 mila abitanti e superiore o uguale a 20 mila abitanti. Nell’ambito delle altre categorie, e quindi anche della categoria 4, le classi si distinguono invece per quantità annua di rifiuti complessivamente gestita dall’impresa; sempre per quanto qui interessa, la classe E corrisponde ad una quantità annua gestita superiore o uguale a 3.000 tonnellate e inferiore a 6.000 tonnellate; la classe F ad una quantità annua gestita inferiore a 3.000 tonnellate.
LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO SULLA CLASSIFICAZIONE DEGLI OLII VEGETALI ESAUSTI E SULLA SCELTA DELLE CLASSI DA PARTE DELLA PA
Gli oli vegetali esausti provenienti dalla raccolta differenziata delle utenze domestiche sono rifiuti urbani, ai sensi dell’art. 184 del d. lgs. n. 152/2006; a riprova, l’iscrizione in categoria 1 consente all’operatore di eseguire la raccolta e il trasporto anche dei rifiuti corrispondenti alla Sottocategoria D2 – nota comunemente come “piccola differenziata” –tra cui appunto gli oli e grassi commestibili contraddistinti con il codice CER 20.01.25 (qui rilevante). In questi termini, si spiega la scelta del bando di consentire la partecipazione agli operatori iscritti in categoria 1.
Gli oli vegetali esausti considerati in generale sono anche rifiuti speciali non pericolosi, ai sensi dell’art. 184 del d.lgs. n. 152/2006: in questi termini, si spiega la scelta del bando di consentire, in via alternativa, la partecipazione agli operatori iscritti in categoria 4.
È sicuramente vero che l’olio vegetale esausto, nel momento in cui viene raccolto presso le famiglie nell’ambito della “piccola differenziata” costituisce un rifiuto urbano, e mantiene questa qualificazione giuridica anche quando viene immagazzinato nei punti di raccolta presso ciascun Comune, perché ne rimane intatta la provenienza dalle utenze domestiche.
L’olio in questione, una volta immagazzinato nei citati punti di raccolta, assume anche un’altra caratteristica, non in contraddizione con la precedente, ovvero diviene un rifiuto speciale non pericoloso ai sensi dell’art. 184, comma 3, lettera f), in quanto prodotto “nell’ambito delle attività di servizio”, quale è all’evidenza quella di raccolta in esame.
Ne consegue che l’iscrizione in categoria 4, che appunto abilita al trasporto di rifiuti speciali non pericolosi, va considerata requisito sufficiente per svolgere il servizio, e che la controinteressata, quindi, poteva validamente aggiudicarsi il contratto solo con questo requisito.
Si è poi ritenuta legittima, perché razionale, anche la scelta dell’Amministrazione intimata appellata, di richiedere un’iscrizione in classe inferiore a quella che corrisponderebbe alla popolazione del Comune di riferimento.
Nell’ambito della categoria 1, la scelta di richiedere per la partecipazione l’iscrizione in classe D, che corrisponde ad una popolazione molto inferiore a quella del Comune interessato, si spiega con un ragionamento ulteriore, contenuto nell’art. 3 del capitolato. In sintesi, l’impresa appaltante, sulla base di stime del consorzio degli operatori di settore, ha valutato in 3 kg all’anno per abitante il “quantitativo stimato intercettabile per le utenze domestiche”, ovvero la quantità di olio esausto che prevede di raccogliere; dividendo per questo coefficiente il quantitativo annuo complessivo di olio che prevede di raccogliere e cedere all’affidatario, ha determinato una popolazione virtuale ad esso corrispondente, e ha determinato la classe richiesta per la partecipazione in rapporto a detta popolazione virtuale.
L’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, nelle varie classi e categorie, è condizione di legittimità per svolgere materialmente i servizi corrispondenti, ma non individua di per sé un requisito di partecipazione alle gare corrispondenti indette dalle amministrazioni aggiudicatrici: sul punto, per tutte, C.d.S., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303.
Occorre considerare che gli operatori i quali trattano rifiuti potrebbero muoversi esclusivamente nel mercato privato, senza mai entrare in rapporto con amministrazioni aggiudicatrici, da cui la necessità di fissare, appunto, i requisiti per svolgere il servizio, a prescindere dalle modalità con cui esso viene affidato.
La fissazione dei requisiti per partecipare alla gara rientra invece nella discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, la quale ben può prevedere requisiti diversi da quelli che conseguirebbero ad una meccanica applicazione di quelli ricavabili dalle categorie di iscrizione all’albo. In proposito, l’amministrazione, secondo i principi, incontra un solo limite, ovvero la necessità di individuare requisiti adeguati rispetto agli scopi perseguiti, e quindi non manifestamente arbitrari, sproporzionati o lesivi della concorrenza fra aziende: sul punto, esplicitamente, TAR Campania, Napoli, sez. VII, 11 maggio 2016, n. 2393, confermata per implicito in appello da C.d.S., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303.
Nel caso di specie, l’amministrazione si è conformata a questi criteri, richiedendo l’iscrizione in categoria 1 per la classe di popolazione “virtuale” di cui si è detto.
In primo luogo, il criterio non è di per sé pretestuoso, perché conduce comunque a individuare imprese in grado di trattare i quantitativi di rifiuto in gioco, fermo restando che la ditta così individuata potrà solo operare presso i punti di raccolta, e non certo presso le singole utenze domestiche, per le quali è imprescindibile la classe corrispondente alla popolazione effettiva.
Si tratta poi di una scelta che amplia la platea di imprese che possono concorrere, e quindi amplia la concorrenza a vantaggio del mercato. Infine, non sono manifestamente arbitrari nemmeno i criteri a partire dai quali la popolazione “virtuale” è stata individuata, bastando a ciò rilevare che l’Amministrazione si è basata su uno studio del consorzio di settore, che deve presumersi sino a prova contraria, qui nemmeno offerta, aggiornato sulle problematiche corrispondenti.
La previsione per cui l’aggiudicataria deve incrementare il numero dei punti di raccolta va interpretata in senso conforme alla normativa, nel senso che essa è legittima in tanto in quanto non si superi la capacità di trattamento dell’impresa aggiudicataria determinata in base alla categoria e classe di iscrizione.